Decision making
Processo decisionale
È una locuzione utilizzata per indicare il “processo decisionale”, rientra nelle “competenze cognitive” (life skill), in cui un soggetto (decisore individuale) o un gruppo (decisore collettivo), tramite le proprie componenti consce e inconsce, effettua una scelta tra più alternative considerate (pluralità di opzioni).
È una materia studiata dal management aziendale in quanto fornisce gli strumenti decisionali per porta avanti il business oltre che da una pluralità di altre discipline (ad esempio filosofia, logica, matematica, statistica, psicologia, sociologia, economia, politologia ecc.).
Il Decision making, in ambito psicologico, si distingue in due approcci:
- descrittivo: scoprire come effettivamente vengono prese le decisioni nei diversi contesti (non ragionare in termini statistici e razionali ma in modo euristico e in condizioni di incertezza e rischio in cui vi sono spesso errori sistematici e bias cognitivi che violano gli assunti iniziali);
- normativo (teoria della scelta razionale): individuare il modo con cui le decisioni dovrebbero essere prese, facendo riferimento ad ideali decisori razionali (utilità attesa).
Gli approcci descrittivi e normativi possono essere distinti in due fasi differenti:
- fase di deliberazione: il decisore prende in considerazione le varie opzioni e valuta le motivazioni pro e contro di ciascuna di esse;
- fase della scelta: il decisore seleziona un’opzione tra quelle prese in considerazione in base all’esito della valutazione effettuata.
Il decisore può effettuare una scelta razionale se conosce le opzioni disponibili e le conseguenze che possono scaturire da ciascuna scelta ma in assenza, come spesso accade, di informazioni incomplete, il decisore non è in grado di prevedere tutte le conseguenze derivanti dalla scelta oltre a questo l’incertezza degli esiti, anche con informazioni complete, è soggetta al contesto nel quale il processo decisionale si svolge (conoscenza dello stato di natura).
Il grado di conoscenza dello stato di natura da parte del decisore si distingue in:
- decisioni in situazioni di certezza: il decisore conosce lo stato di natura;
- decisioni in situazioni di rischio: il decisore, pur non conoscendo lo stato di natura, dispone di una misura della probabilità associata a ciascun possibile stato di natura;
- decisioni in situazioni di incertezza: il decisore non conosce né lo stato di natura né le probabilità associate ai possibili stati di natura.
In tutti e tre i gradi di conoscenza dello stato di natura è facile non evitare il paradosso di Abilene se il decisore è composto da un gruppo di persone; in questo caso è possibile ridurre il paradosso di Abilene se il gruppo è composto da persone con formazione culturale differente (un gruppo di persone prende una decisione che va contro gli interessi di tutti gli individui del gruppo quindi il problema di comunicazione interno porta ogni membro a credere erroneamente che la propria preferenza sia contraria a quella del gruppo e non prova nemmeno a sollevare obiezioni).
Una applicazione pratica del decision making la possiamo individuare nella teoria dei giochi, in particolare quelle decisioni strategiche, o “interdipendenti”, dove lo stato di natura è determinato (in tutto o in parte) dagli altri decisori quindi il risultato finale non dipende da singole progressive decisioni ma anche da tutte le altre decisioni (causa ed effetto).
Esiste una certa differenza tra il decision making e il problem solving (risolvere un problema) perché la scelta per la risoluzione del problema è vincolata all’obbiettivo da raggiungere mentre nel decision making la scelta è vincolata da una serie indefinita di opzioni (minimo due opzioni di scelta) basata su una valutazione complessiva e utilizzando specifiche modalità di ricerca ed elaborazione delle informazioni.
Oltre a rientrare nelle “competenze cognitive”, il decision making, è strettamente connesso al “ragionamento probabilistico” (ragionamento inferenziale induttivo che permette di stimare la probabilità che un dato evento, all’interno di determinate condizioni, si possa realizzare).
Altre due categorie decisionali sulla presa decisione sono:
- strategie compensatorie: vengono valutati gli attributi negativi e positivi (modello pro e contro) delle opzioni di scelta oppure la differenza tra le opzioni di scelta
- strategia non compensatoria: vengono analizzati i diversi attributi secondo un criterio restrittivo ed eliminatorio in cui il primo aspetto negativo trovato comporta l’eliminazione dell’intera alternativa.
Un altro fenomeno del decision making, in contesti di incertezza e rischio, è il framing (rappresentazione dei problemi decisionali), o “effetto d’incorniciamento”, ossia fare una rappresentazione mentale delle conseguenze delle alternative per ridurre, tali conseguenze, semplicemente come guadagni o perdite rispetto a un punto di riferimento (cambiare il punto di riferimento o di vista).
Un altro fattore che influisce sul decision making è lo stress emotivo (ad esempio la mancanza di tempo oppure assumere atteggiamenti e comportamenti ipervigilanti).
In situazioni rischiose, le scelte sono condizionate dal modo con cui gli individui percepiscono il rischio e la sua valutazione è un fenomeno molto complesso specialmente se non si dispongono di informazioni complete (mancanza di dati statistici e/o altre informazioni obiettive). In questo caso, le scelte vengono effettuate ricorrendo a informazioni generiche o a conoscenze derivanti dall’esperienza personale.
Nelle situazioni rischio vige l’ipotesi del marcatore somatico (ad esempio emozioni e sentimenti) che forza l’attenzione del soggetto decisore sull’esito negativo di una data opzione di scelta e agisce come un segnale automatico d’allarme che avvisa di far attenzione al pericolo che una determinata scelta può condurre.